La Rete che non c'è - parte seconda

17 Jul 2020

Nello scorso articolo ho parlato di come il dibattito sul diritto d’autore e quello sulla privacy siano collegabili osservando le potenzialità creative della Rete. In questo articolo proporrò un punto di vista sul perché entrambi i dibattiti sono stati poco sentiti in Italia e non abbiano contribuito a dare forma all’opinione pubblica riguardo la Rete come strumento creativo e portatore di nuove istanze culturali.

Nel 2007, Lawrence Lessig tenne una TED talk in cui attirò l’attenzione del pubblico americano su due temi: le potenzialità creative della Rete di cui ho parlato, e la tendenza della giurisdizione di quegli anni a soffocare questa possibilità in nome della difesa del diritto d’autore. Lessig contrappone il Web ai mass media della sua generazione, in cui la trasmissione di contenuto è unidirezionale e la fruizione è passiva. Al contrario, egli fa notare, i ragazzi che usano la rete quotidianamente negli anni 00 sono abituati a manipolare, trasformare, parodiare e ri-creare i contenuti di cui fruiscono. Un punto di vista molto simile è sostenuto da David Gauntlett, che in Making is Connecting sottolinea la capacità del Web di supportare la creatività amatoriale (digitale e non), grazie alla capacità di connettere persone con interessi simili e facilitare l’accesso a conoscenze teoriche e pratiche utili a coltivare le proprie passioni. Egli sostiene che questo abbia anche un impatto positivo sulla vita delle persone e della loro comunità, poiché ciascuno entra naturalmente in relazione con gli altri attraverso ciò che crea in maniera amatoriale, ossia per il solo piacere della creazione. Gauntlett riporta poi che, al contrario, secondo Putnam, nessuna abitudine o condizione individuale è correlata al disimpegno civico e alla carenza di relazioni interpersonali quanto la dipendenza dalla televisione per svago.

Alessandro Baricco è, insolitamente, una delle voci distinguibili nel dibattito riguardante la Rete e le tecnologie digitali in Italia. Dal 2006, anno in cui ha scritto I Barbari, ha tentato - a suo modo - di portare elementi di riflessione sui cambiamenti culturali portati dalla Rete nel dibattitto pubblico italiano. Cercava di contrapporsi ad apocalittici che consideravano i nuovi strumenti digitali e le pratiche che da essi stavano nascendo portatori di una cultura degenere. Il suo sforzo, portato di recente a termine in The Game, fu invece quello di comprendere le ragioni dei cambiamenti che stavano avvenendo.

Il dibattito in merito alle potenzialità culturali della Rete non è mai stato fervente in Italia. Da una parte, le élite culturali hanno visto da subito con diffidenza i cambiamenti portati dalle tecnologie digitali, dall’altra la diffusione stessa delle tecnologie è stata lenta. Da statistiche Istat, risulta che nel 2006, anno in cui il dibattito entrava nel vivo, circa il 65% percento delle famiglie italiane non aveva accesso a Internet e circa il 40% percento di esse dichiarava di non avervi accesso per “scarso interesse”. (Il questionario originale dell’indagine si può consultare qui.) Le ragioni economiche o di possibilità di connessione sono sempre state, al contrario di quanto si potrebbe pensare, una motivazione relativamente poco frequente nella popolazione italiana.

Con il passare del tempo, l’importanza della Rete nelle vite di tutti è cresciuta, e così anche l’interesse di chi non vi aveva accesso (punti blu nel grafico). Può essere interessante notare che, negli anni a venire, la motivazione di questa mancanza dichiarata più di frequente è stata la carenza di capacità tecniche - quantomeno percepita dal partecipante al sondaggio (punti rossi nel grafico).

Si potrebbe dire che le motivazioni che hanno tenuto lontani molti italiani dalla Rete siano state culturali, seppur siano cambiate nel corso degli ultimi quindici anni. All’inizio, molti non erano attratti dalla Rete, ne erano diffidenti o non ne capivano il senso. In seguito, per necessità o per moda, l’interesse è cresciuto e il problema è diventato il come. Ciò a cui si era abituati, d’altronde, non era d’aiuto. Nel periodo in cui questo dibattito era in fervore, l’Italia versava in pieno berlusconismo, ben radicato nella cultura massmediale televisiva. A conferma della tendenza culturale degli italiani a prediligere il medium televisivo vi sono altri dati Istat che mostrano, per ogni fascia d’età, una stima dell’affezione e dell’abitudine ad essa. Come hanno osservato Gauntlett e Lessig, il Web e la televisione sono media opposti, in quanto l’uno presuppone un coinvolgimento dell’utente, mentre l’altro non ne presuppone alcuno. Non è molto difficile, quindi, sostenere la tesi per cui questo dibattito sia stato poco diffuso anche per ragioni culturali.

Anche per questa ragione culturale, l’Italia è oggi una provincia nell’impero del Web. Vivere senza la Rete è diventato, per molti, impossibile. Tuttavia, il cambiamento nella cultura e nel modo di pensare innescato dalla Rete è stato lento e debole. Ciò rende più difficile riflettere sul nostro ruolo di utilizzatori fiduciosi nell’ecosistema della Rete e non crea spazi per immaginare alternative possibili che rendano un po’ più nostro questo strumento di cui abbiamo così tanto bisogno.